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Smart Mobility, viaggio nel futuro della mobilità — Capitolo 3: Il cittadino sarà protagonista.

Nel disegnare una smart city e in particolare tutti i servizi legati alla mobilità non si potrà prescindere dai dati prodotti dai suo abitanti. Qualsiasi siano i nuovi strumenti e le nuove opportunità fornite dalla rivoluzione digitale il protagonista deve rimanere il cittadino.

La rivoluzionane digitale irromperà con sempre più forza nelle città andando a trasformarle radicalmente.

La struttura dei veicoli per il trasporto privato e la loro modalità di utilizzo cambieranno completamente grazie alla connettività, all’elettrificazione, alla condivisione e alla guida autonoma come abbiamo visto nel primo capitolo.

Allo stesso modo il trasporto pubblico di massa evolverà sia grazie a grandi investimenti infrastrutturali ma sopratutto grazie a nuove piattaforme digitali in grado di garantire un’esperienza d’uso talmente semplice e vantaggiosa in termini di tempo e costi da poter finalmente rappresentare un’alternativa valida al trasporto privato, come abbiamo visto nel secondo capitolo.

Queste trasformazioni dovranno ovviamente avere il cittadino al centro. Almeno in teoria una città, e di conseguenza tutte le infrastrutture per la mobilità, dovrebbero essere costruite per massimizzare l’efficienza degli spostamenti e in generale il benessere dei suoi abitanti.

Le città sono nate per questo motivo. L’interazione stretta e la collaborazione tra persone garantita dall’urbanizzazione ha reso più efficiente e produttivo il lavoro delle persone e velocizzato il progresso economico, sociale e tecnologico.

Tornando alla pratica possiamo constatare come una città sia una struttura estremamente complessa e caotica dove spesso le strutture che dovrebbero rendere la loro interazione la più semplice e veloce possibile sono al contrario poco efficienti e mal progettate, evidenziando la carenza di una visione complessiva.

Questo fatto è in parte giustificato dalla complessità stessa di una città, perchè risulta essere oggettivamente complicato riuscire a comprendere schemi, sovrastrutture e dinamiche profonde che stanno alla base della vita di un sistema urbano rappresentato dalla sua struttura fisica, dai suoi abitanti e da tutte le relazioni materiali e sociali che sussistono tra questi soggetti.

La rivoluzione digitale offre nuovi strumenti tecnologici che ci possono aiutare a districare, almeno in parte, la complessità della rete sociale e infrastrutturale rappresentata da una città.

La chiave di tutto è, come ormai accade sempre più spesso, nei dati prodotti dai cittadini.

I dati delle persone, di ogni tipo e origine, prodotti ormai in quantità spropositata, sono il nuovo bene immateriale sul quale si basano business miliardari e scontri geopolitici di livello planetario.

Il loro potere è bene noto anche nel contesto delle smart city, basti pensare a Waze, che funziona grazie alla collaborazione degli utenti che tramite i propri dati, o vere e proprie segnalazioni, permettono al sistema di conoscere quali sono i tratti più trafficati. In questo modo l’app può verificare i tempi di percorrenza più brevi ma anche modificare la rotta durante il tragitto stesso.

La metropolitana di Londra traccerà milioni di smartphone

A partire dal prossimo luglio l’azienda dei trasporti pubblici di Londra, Transport for London (TfL), inizierà a tracciare tutti gli smartphone dei passeggeri della metropolitana. I telefoni, e quindi gli spostamenti dei loro proprietari, saranno rilevati in forma anonima dai punti di accesso al WiFi installati in circa 260 stazioni. Secondo TfL, l’iniziativa consentirà di comprendere meglio i flussi dei passeggeri sui treni e nelle singole stazioni, offrendo nuove informazioni per migliorare il servizio, soprattutto nelle ore di punta quando si spostano centinaia di migliaia di persone.

Tracciando gli smartphone da stazione a stazione, TfL potrà analizzare meglio le abitudini dei passeggeri della metropolitana di Londra, oltre ad avere informazioni in tempo reale più accurate sul numero di persone nella sua rete di treni e stazioni. L’azienda dei trasporti pubblici riesce già in parte a farlo analizzando i biglietti, usati in entrata e in uscita, ma i dati che ottiene sono meno raffinati rispetto a quelli che saranno ricavati dai movimenti degli smartphone.

Le informazioni in tempo reale sul traffico e l’eventuale congestione delle varie linee potranno essere diffuse tramite l’applicazione della metropolitana di Londra, sugli schermi nelle stazioni e in futuro tramite applicazioni di alcuni partner, come Google con il suo servizio Maps.

Nelle stazioni saranno comunque esposti pannelli informativi, con avvisi sul sistema e consigli per disattivare il WiFi se non si vuole partecipare.

La questione della privacy è infatti un tema fondamentale, ma quando entreremo nell’era della smart city dovremo essere in grado di decidere scientemente cosa vogliamo dalla tecnologia e quando siamo disposti a sacrificare per avere servizi migliori e più efficienti. La condivisione dei nostri dati, seppur anonimizzati, con le piattaforme digitali che gestiranno il funzionamento delle smart city determinerà il successo o meno della rivoluzione digitale nel campo dell’urbanistica e dalla mobilità.

Le vere smart cities saranno quelle capaci di valorizzare i dati prodotti dagli smartphone dei cittadini

Uno dei metodi più recenti e innovativi per la raccolta dati sui fenomeni cittadini è quello del crowdsourching tramite gli smarphone.

Se inizialmente si pensava che le smart cities necessitassero di un sistema IOT formata da una rete sempre più fitta a capillare di sensori fissi, ultimamente si stanno sperimentando nuove tecnologie che, sfruttando la sensoristica presente ormai in tutti gli smarphone che portiamo in tasca, riescono a raggiungere risultati migliori dei sistemi fissi.

Questi dati prodotti in continuazione dai sensori dei nostri dispositivi, ben diversi da dati personali che spesso vengono mercificati dai social network e che scatenano tante polemiche sulla privacy, sono invece una risorsa inesplorata ed innocua che però può aprire interessanti scenari per il futuro delle nostre città.

Come dimostra l’ultimo rapporto del McKinsey Global InstituteSmart cities: Digital solutions for a more livable future, la rivoluzione è appena iniziata.

Il monitoraggio dei ponti con Sensor Play della Senseable City Lab di Carlo Ratti

A confermare questa tendenza c’è una ricerca condotta da un team del MIT di Boston (il Massachussets Institute of Technology) pubblicata qualche mese fa su una delle principali riviste scientifiche internazionali, i “proceedings” dell’IEEE dal titolo: Crowdsensing Framework for Monitoring Bridge Vibrations Using Moving Smartphones.

Nella ricerca, ripresa recentemente da un articolo di AGI, possiamo leggere come funziona il nuovo metodo di monitoraggio per i ponti pensato dagli studiosi del MIT.

La ricerca condotta da Thomas Matarazzo e firmata fra gli altri dagli italiani Carlo Ratti e Paolo Santi, dimostra come usando gli accelerometri presenti nei telefoni cellulari più evoluti e ormai diffusissimi, gli smartphone, si possano misurare le vibrazioni dei ponti, e da queste capire il loro stato di “salute strutturale”.

Gli smartphone infatti sono dotati di tre accelerometri, ovvero sistemi micro elettro meccanici, in grado di misurare lo spostamento del telefonino sui tre assi, altezza, lunghezza e profondità, e di registrare una serie di altri dati più o meno importanti.

L’opportunità, secondo i ricercatori del MIT, consiste nel creare una rete di sensori mobili per il monitoraggio dei ponti, usando appunto, i dati raccolti dagli accelerometri dei telefonini degli automobilisti. Rispetto ad una rete fissa di sensori, una rete mobile fatta in questo modo presenta diversi vantaggi: tra gli altri, è molto più pervasiva; ed è infinitamente più economica.

Per verificare se effettivamente gli smarphone possono essere utilizzati per monitorare la salute di un ponte è stato condotto un test a Boston, dove ha sede il MIT e dove operano i ricercatori del Senseable City Lab diretto da Carlo Ratti.

Sul ponte di Harvard è stata creata una rete di undici accelerometri fissi ed i dati raccolti sono stati messi a confronto con quelli generati da due iPhone che erano a bordo di altrettante auto. Per 42 volte i veicoli sono andati avanti e indietro mentre la app Sensor Play registrava i dati che riceveva dal ponte.

Risultato: i dati generati dagli smartphone sono paragonabili a quelli registrati dalla rete di sensori fissi. Ovviamente questo approccio funziona quando i dati presi in considerazione sono moltissimi: solo quando si entra in una dimensione di “big data” infatti, gli inevitabili falsi positivi e falsi negativi, che a volte uno smartphone può misurare.

Sebbene i ricercatori del MIT rimarchino la necessità di non abbandonare il classico sistema di monitoraggio fisso, grazie agli smartphone dei cittadini è possibile avere un flusso di dati continuo e costante sulle condizioni di una struttura, che possono formare un archivio di riferimento il quale a sua volta può aiutare gli esperti a prendere le decisioni migliori visto che un sensore mobile è in grado di fornire informazioni spaziali paragonabili a quelle di 120 sensori fissi.

La mappatura dell’accessibilità per i disabili realizzata con l’applicazione Kimap della startup Kinoa

L’utilizzo di accelerometro e GPS per la produzione di dati utili alla comunità sta alla base anche del progetto Kimap, realizzato dalla startup italiana Kinoa, con sede a Firenze.

Kimap è infatti basato su tecnologia, appositamente sviluppata e brevettata, che utilizza i sensori dello smartphone per realizzare un dispositivo integrato di navigazione/mappatura destinato principalmente alle persone con disabilità motoria.

Kimap riduce le barriere informative sul grado di accessibilità di strade e sentieri che il disabile percorre per i propri spostamenti (in città o in campagna, per lavoro o tempo libero) ampliando in questo modo le possibilità di sfruttare al massimo le potenzialità di spostamento offerte dai più recenti dispositivi per la mobilità.

Kimap è un vero e proprio navigatore che si aggiorna in modo automatico sulla base dei dati e delle rilevazioni che l’accelerometro e il GPS degli smartphone degli utenti rilasciano percorrendo strade e marciapiedi. Kimap rivela in questo modo la qualità del terreno e consiglia al disabile il miglior tragitto in base ad accessibilità, tempo e distanza.

Kimap, proprio per valorizzare le potenzialità del crowdsourcing, ha creato un suo format per la mappatura partecipata che coinvolge attivamente i cittadini: il crowdmapping. Durante queste sessioni i partecipanti percorrono itinerari prestabiliti la cui accessibilità viene mappata con precisione e grazie ai quali vengono realizzate mappe e documenti utili alle amministrazioni per redigere i loro piani urbanistici.

Gli scenari futuri

Questi esempi ci dimostrano il grandissimo potenziale dei big data prodotti a flusso continuo dagli smartphone dei cittadini che se utilizzati con competenza e professionalità vanno a fornire informazioni preziose e altrimenti non reperibili per la gestione delle aree urbane e per la creazione di applicazioni e servizi in grado di migliorare la vita delle persone.

L’auspicio è quello di integrare sempre di più queste tecnologie per il monitoraggio all’interno delle applicazioni di uso comune per i cittadini in modo da rendere il più semplice possibile la raccolta di questi dati.

Data la portata della sfida è necessario che le istituzioni, le università, i centri di ricerca e tutti i soggetti pubblici e privati che hanno le competenze e la tecnologia necessarie per lavorare in questo settore, facciano fronte comune e creino una piattaforma nella quale condividere le idee e tracciare le linee guida per questa rivoluzione che promette grandi benefici per ogni cittadino.

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